Il personal branding dei manager è un’attività tanto al servizio del singolo, quanto dell’azienda in cui lavora. Di fatto, eredita il valore già sdoganato dalla promozione dei professionisti freelance, cooptandone le logiche e le tecniche. Ma vanta l’aggiunta di poter essere d’ausilio anche al posizionamento aziendale, sul quale trasla i propri successi d’immagine. In questa dinamica, le figure di prima linea hanno un ruolo cruciale, ma la proattività social porta risultati a tutti i livelli. Quindi un dipendente, a prescindere dalla posizione attuale, può sempre investire sulla propria identità digitale, anche per crescere professionalmente. Si comincia pensandosi alla stregua di un brand con l’obiettivo di posizionarsi come figura riconoscibile, autorevole e competente nell’industry di appartenenza. Scopriamo tutti i passaggi che si snodano in mezzo.
Cos’è il personal branding
Facciamo un passo indietro e definiamo il personal branding. Questa attività identifica la costruzione prima e la gestione poi, entrambe realizzate strategicamente, dell’immagine e della reputazione. Fin qui, non aggiungiamo l’aggettivo professionale, che, invece, è centrale nel personal branding per manager. Attenzione, però, non è che gli aspetti personali siano messi da parte: pur non essendo centrali, cooperano alla formazione dell’idea di individuo che si vuole trasmettere. Il che significa che la loro eventuale inclusione deve essere coerente all’interno di un’identità digitale complessiva. In generale, il personal branding è è uno strumento posizionamento e valorizzazione digitale, in modo da dare risalto ai propri valori e competenze. Punta ad aumentare il livello di riconoscibilità, o per diffondere una determinata “fama”. Per dirla con Jeff Bezos, il personal branding è quello che si dice di noi quando usciamo dalla stanza.
Perché un manager dovrebbe fare personal branding?
In parte l’abbiamo già detto: serve per aumentare la visibilità e accrescere la credibilità del professionista. Può concretamente, potrebbe essere utili per risultare più attrattivi sul mercato del lavoro. Esattamente come per i freelance è valido per fare scouting di potenziali lead o per vendere servizi. In secondo luogo, permette di espandere il network che, a sua volta, ha ricadute su occasioni di business, di contaminazione, di partnership. Terzo, porta vantaggi all’azienda, che può ripagarli in molteplici modi. Da questo ultimo punto di vista, il personale branding per manager è uno strumento che le unit che si occupano di marketing e comunicazione possono sfruttare a livello centrale. Investire sull’immagine di amministratori delegati e c-level significa agire anche sulla reputazione del brand stesso. Ecco perché ci si dota delle social media policy: le ricadute delle azioni di chi lavora valgono in positivo e in negativo.
Tutti i passi per un buon personal branding
1. Identità, tone of voice e linea editoriale
L’identità digitale è costruita strategicamente, ma questo non significa che debba essere finta. Un buon grado di autenticità è d’obbligo. Non soltanto perché lo chiedono gli utenti dei social, ma anche perché qui si parla di posizionamento personale e bisogna che ci parla online sia coerentemente riconoscibile offline. Si parte da una riflessione su se stessi e sulla propria professione, domande su quali siano le competenze, i valori e le sfaccettature della personalità su cui puntare. Individuare ciò che fa spiccare il manager tra il mare magnum dei competitor è l’essenza della personal identity applicata al personal branding. Anche il tone of voice deve essere coerente, e soprattutto rispettare sempre il linguaggio del target a cui il professionista intende rivolgersi. Allo stesso modo, scegliere i temi da affrontare nel “piano editoriale” è sempre subordinato al pubblico di riferimento, ai suoi interessi ed intenti.
2. Le piattaforme per il personal branding
La scelta della piattaforma è uno dei primi passi per il personal branding che, a sua volta, deriva dall’aver individuato temi e target. Alcuni posizionamenti di manager specializzati, infatti, funzionano su determinati social piuttosto che su altri. Nel dettaglio, piattaforme come X e Threads risultano ideali per condividere insights, notizie e partecipare a conversazioni in tempo reale. I dirigenti possono utilizzarlo per esprimere opinioni di settore e connettersi con altri professionisti. Instagram può essere una scena per il personal branding per manager, ma ha peculiarità specifiche che lo rendono più indicato per chi agisce nel mondo consumers. Su YouTube invece, i manager possono approfondire temi, fare tutorial o interviste per consolidare la propria presenza online e diffondere il proprio know-how. Medium infine è una piattaforma di blogging che consente ai professionisti di scrivere articoli, riflessioni e opinioni. Una menzione d’onore, però, va riservata a LinkedIn.
3. Contenuti e formati
La community è importante per il posizionamento online dei manager, ed è altrettanto fondamentale sfruttare i giusti mezzi per raggiungerla, informarla e coinvolgerla. Dopo aver scelto i network di riferimento, sulla base delle piattaforme, occorre capire come parlare di quello che si è stabilito, con l’obiettivo di interagire con gli utenti. Sulla base dei trend e dei format più popolari, il professionista può fare personal branding in diversi modi. Il più canonico è servirsi dei social post, veloci ed efficaci nel rendere partecipi gli utenti alle discussioni. Tuttavia, questi contenuti nativi spesso non permettono di approfondire un argomento nella sua completezza. Qui allora intervengono blog, video e podcast che consentono di sviscerare i topic di riferimento. Ovviamente una content strategy certosina prevede che si sia valutata la sostenibilità dell’operazione: la regolarità, infatti, è una chiave di volta di qualsiasi attività di promozione online.
4. L’ausilio dell’advertising
I canali digitali, social compresi, offrono circuiti pubblicitari utili per accrescere l’efficacia di ogni azione di comunicazione. Vale anche per il personal branding per manager, seppure vada valutata all’interno di ogni singola strategia. Indubbiamente, farlo sul LinkedIn è particolarmente rilevante perché si massimizza la visibilità in territorio particolarmente consono all’esposizione dei professionisti. La sponsorizzazione dei post personali sulla piattaforma non era disponibile fino a poco tempo fa. Qui, infatti, il circuito dell’adv era riservato alle pagine pubbliche. Recentemente, però, LinkedIn ha permesso ad alcuni partner selezionati, tra i quali anche DeRev, di accedere a questa nuova funzione. I post sponsorizzati saranno visualizzati nel feed come Single Image Ad. Oltre il personal branding per manager e ad, gli obiettivi di questa attività includono la creazione di opportunità commerciali, l’espansione del network e a talent attraction.
Dal personal branding alla Thought leadership
La Thought Leadership è una delle leve per un personal branding per manager ad alti livelli. Si basa sulla capacità di un professionista specializzato in un determinato settore di posizionarsi come esperto e leader di pensiero. Il leader va oltre la mera condivisione di informazioni, di obiettivi raggiunti o di ostacoli superati ma aspira a influenzare l’audience. Può fare questo diffondendo opinioni o prospettive di lettura originali sui temi di sua competenza. Per farlo, occorre comunicare in modo chiaro e incisivo la propria visione e i principi che guidano le proprie azioni. Questo approccio è connesso al personal branding per manager perché ne rappresenta una declinazione all’ennesima potenza. Da un’autorevolezza di base, si passa a una reputazione pienamente distintiva. Per altro, rispondendo a trend consolidato che vede utenti desiderosi di connettersi con individui capaci di ispirare, coinvolgere e guidare.
Errori che un manager può fare nel suo personal branding
Principalmente, nel fare personal branding per manager, si può incappare in tre errori. Il primo è di promuoversi senza autenticità, il che può provocare un danno importante quando si parla a un pubblico che valuta la comunicazione e i contenuti. Infatti, cercare di essere diversi da chi si è non porta mai a buoni risultati, soprattutto sui social media. Dunque, il segreto è comunicare in modo genuino, per essere coerente con i propri valori e attitudini. Un secondo errore è ignorare l’audience: conoscere il target a cui parlare è fondamentale per scegliere i giusti topic e mantenere alto l’engagement. Anche non monitorare i KPI individuati dalla strategia di personal branding è deleterio perché vanifica gli sforzi. Il manager, come chiunque comunichi professionalmente sui social, deve avere un approccio analitico e studiare regolarmente le performance dei suoi post per raggiungere gli obiettivi che si è posto.
L’importanza del personal branding per i manager
Costruire e mantenere il proprio personal branding non è un’attività semplice, ma risulta nodale (e versatile) per investire su di sé e anche per creare connessioni significative. Da un buon lavoro possono nascere nuove opportunità di lavoro, nuovi contatti e, soprattutto, un modo di essere visti e interpretati in linea con sé e con i propri obiettivi. Essere attivi sulle piattaforme giuste e definire un’identità che parli alla target audience sono le chiavi del successo in questo processo. Ma lo è soprattutto muoversi secondo una strategia studiata in modo personalizzato. Infatti, “stare sui social” richiede un’attenzione costante, anche perché un errore potrebbe costare molto caro. Farsi affiancare da un partner specializzato come DeRev permette di muoversi efficacemente, ma anche con serenità.