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Algoritmo di Google 2025: tutti gli aggiornamenti 
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Algoritmo di Google 2025: tutti gli aggiornamenti 

  • 15 Settembre 2025
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C’è stato un tempo in cui l’algoritmo di Google subiva poche modifiche, agli albori della sua esistenza. Ogni aggiornamento era percepito come un evento, tanto da assumere un nome proprio: il primo rilevante, ad esempio, si chiamava Florida, e risale al 2003. Gli sono succeduti Big Daddy, Jagger, Vince e molti altri. Fino al 2017, anno di creazione di Fred. Oggi le cose vanno diversamente: l’azienda di Mountain View introduce migliaia di aggiornamenti ogni anno, troppi per meritare nomi specifici. Per chi cerca di emergere online può essere difficile stare al passo, anche perché Google non sempre annuncia i cambiamenti. Talvolta capita che sono gli stessi SEO specialist a fare 2 + 2, osservando grosse flessioni nelle SERP. Il brand consiglia di non inseguire ossessivamente gli algoritmi, ma è un dato di fatto che ciascun aggiornamento incide sulla visibilità organica dei siti web presso il motore di ricerca. Ecco perché è importante monitorare tali aggiornamenti. 

Come tracciare gli aggiornamenti dell’algoritmo di Google

Esistono diversi modi per capire se l’algoritmo di Google è stato soggetto a modifiche. Partiamo dalla fonte ufficiale: la Google Search Status Dashboard. Qui Big G fornisce informazioni sullo stato dei sistemi che supportano la Ricerca, tra cui gli ultimi aggiornamenti relativi al ranking. Infatti, periodicamente l’azienda rilascia quelli che chiama “core updates”, cambiamenti sostanziali dell’algoritmo, orientati al continuo miglioramento dell’ordinamento dei risultati. In occasione di questi rilasci, sul blog di Google Search Central sono pubblicati post che spiegano le novità e ne supportano l’esplorazione. Inoltre, per ricevere notifiche su problemi e core update, è possibile iscriversi all’apposito feed RSS. 

Il secondo riferimento ufficiale per quanto riguarda l’algoritmo di Google è il profilo verificato di X Google SearchLiaison (tradotto: “punto di contatto per la Ricerca di Google”). Dietro l’account c’è Danny Sullivan, ex analista e giornalista assunto dalla big tech proprio per aiutare il pubblico a comprendere il funzionamento del motore di ricerca. 

Per tracciare gli aggiornamenti dell’algoritmo vale la pena poi controllare le metriche di Google Search Console e Analytics. Esistono anche diversi software non legati a Google che possono aiutare in questa operazione: ad esempio, MozCast, Semrush Sensor e Accuranker. 

Come funziona oggi Google Search

Secondo First Page Sage, ad oggi il fattore più considerato dall’algoritmo di Google Search quando decide il ranking è la regolarità di pubblicazione dei contenuti. Al secondo posto troviamo la presenza della parola chiave nel titolo Meta, seguita dall’uso di backlink di qualità e dall’autorevolezza nel settore di riferimento. Si segnala poi un dato in crescita, ossia la capacità di coinvolgimento degli utenti, calcolata in base a parametri come il CTR e il tempo medio speso su una pagina. Conta anche la “freschezza” dei contenuti: le pagine web che si aggiornano almeno una volta l’anno hanno più possibilità di scalare le SERP rispetto alle altre. All’opposto, per essere notati dal motore di ricerca cala sempre più l’importanza dei link interni. 

Andando a fondo degli ultimi aggiornamenti, emerge che Google oggi valorizza soprattutto i contenuti di qualità, cioè quelli che forniscono la risposta più completa all’intento di ricerca (esplicito o implicito). Tali contenuti si contrappongono a quelli generati dall’AI senza supervisione umana, più generici/superficiali. Il focus è quindi su autenticità, affidabilità e autorevolezza: l’algoritmo premia le pagine capaci di creare un valore reale per gli utenti. Importante è anche curare la user experience, ad esempio facilitando la navigazione, garantendo una buona velocità di caricamento e rendendo il sito mobile-friendly. 

Semplificazione dei risultati di ricerca

Con l’aggiornamento di giugno 2025, Google nel suo blog ha segnalato di aver anche semplificato la pagina dei risultati, rimuovendo alcune tipologie di dati strutturati. Questi ultimi sono le informazioni aggiuntive che si inseriscono in un codice HTML affinché i motori di ricerca comprendano meglio il contenuto della pagina. Nello specifico, le tipologie di dati ritirate sono:  

  • Azioni relative ai libri 
  • Informazioni sui corsi 
  • Verifica delle dichiarazioni 
  • Stipendio stimato 
  • Video didattico 
  • Comunicazione speciale 
  • Scheda di veicoli. 

La rimozione di questi dati (giudicati poco usati e poco utili) non influisce sul ranking delle pagine fatto dall’algoritmo di Google. Semplicemente, i risultati interessati da questi markup sono presentati in maniera più snella. 

 Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale 

Una riflessione sull’algoritmo di Google nel 2025 risulterebbe incompleta senza quanto meno menzionare il ruolo svolto dall’Intelligenza Artificiale. Attualmente, infatti, la Ricerca di Google si divide tra due modelli differenti di risposta, quello “tradizionale” come sopra descritto, e quello che si serve dell’AI. Esso è rappresentato da due risorse: AI Overview e AI Mode. 

AI Overview 

In italiano “Panoramica AI”, l’AI Overview è una funzionalità base di Google Search che utilizza l’AI generativa per fornire un riepilogo informativo (basato su più fonti) della risposta ricercata. Tale sintesi compare in cima alla pagina dei risultati: è la modalità con cui l’algoritmo di Google Search prende il controllo del trend dell’AI. In particolare, è la risposta alla concorrenza di ChatGPT, in crescita vertiginosa per le ricerche online. Secondo NP Digital, infatti, il chatbot di OpenAI riceve 1 miliardo di richieste al giorno: un traguardo di molto minore rispetto al volume attuale di Big G (13,7 miliardi), ma raggiunto 5,5 volte più velocemente.

Sebbene le AI Overview presentino anche i link cliccabili delle fonti cui attingono, sembra che il loro affermarsi coincida con un aumento delle ricerche “zero-click”, che oggi arrivano a rappresentare fino al 69% delle ricerche totali. Ciò interessa soprattutto i settori Arte e Intrattenimento. Diminuiscono, per contro, i click sui primi risultati organici: a causa dei riepiloghi di Google, questi siti web possono perdere fino al 79% di traffico. Tale tendenza pare confermata anche da uno studio del Pew Research Center, che ha dimostrato che soltanto una volta su cento gli utenti cliccano un link delle sintesi AI. La società di Mountain View ha giudicato “inaccurati” tutti questi studi. In compenso, segnala che i click verso un sito provenienti dalle Overview sono “di qualità superiore”, nel senso che gli utenti sono più propensi a soffermarsi su quel sito. 

AI Mode 

Ancora non disponibile in Italia, si tratta di una modalità di ricerca avanzata basata sul modello Gemini 2.5, l’AI più potente di Google. È una sorta di ricerca conversazionale, che amplia le funzioni di AI Overview consentendo di approfondire la richiesta con domande aggiuntive e link utili. È inoltre possibile realizzare query di testo, immagini e voce. L’algoritmo di Google suddivide poi la ricerca in sottoargomenti che affronta contemporaneamente. 

Nei Paesi dove è disponibile, la ricerca in AI Mode è accessibile alla pagina google.com/aimode, oppure dalla Home di Google, inserendo una domanda e poi cliccando su “AI Mode” nella barra di ricerca. Il CEO Sundar Pichai l’ha definita “il futuro di Google Search”. È molto probabile, infatti, che questa nuova modalità nel tempo arriverà a soppiantare quella conosciuta finora, almeno per quanto riguarda certe categorie di query. 

Come spiccare con le risorse AI di Google 

Le nuove risorse aggiungono un ulteriore livello di complessità al tentativo di intercettare l’algoritmo di Google. Mentre restano fermi i criteri di ottimizzazione per l’indicizzazione SEO, ai contenuti web si richiede anche di essere facilmente interpretabili dall’Intelligenza Artificiale. È lo stesso Google a fornire alcune coordinate per l’orientamento. 

Il primo consiglio dell’azienda è lo stesso valido per la Ricerca tradizionale, ossia quello di produrre contenuti “unici e interessanti”. Il che significa, come spiegato sopra, contenuti che rispondano a esigenze reali, e non diano risposte vaghe. Questo dovrebbe aiutare a emergere nel contesto di domande più lunghe e specifiche, com’è quello creato dalle funzioni AI. Inoltre, questo genere di risposte (sostiene Google) è quello che spinge gli utenti a cliccare e trascorrere più tempo su un sito. Fondamentale per essere “scelti” dai riepiloghi di Google è poi l’accessibilità delle pagine: va da sé che se un sito non soddisfa i requisiti tecnici per la ricerca, si autoesclude. Lo stesso discorso vale per i dati strutturati, che (se utilizzati) devono rispettare le linee guida del browser. Per comparire nelle sintesi, infine, Google consiglia di puntare sulla multimodalità, integrando i testi con immagini e video. 

Gli altri algoritmi di Google 

Quando si parla genericamente di “algoritmo di Google” ci si riferisce a quello principale, che regola il motore di ricerca. È importante però ricordare che Google, come qualsiasi piattaforma sviluppata su più sezioni, utilizza diversi algoritmi, ciascuno per un’area specifica.

Ad esempio, il ranking riguardante i Profili dell’attività (ex Google My Business) segue criteri come le recensioni, la NAP consistency (coerenza di nome, indirizzo e numero di telefono), la categoria di riferimento, le parole chiave locali e la distanza. Separato dal ranking generale, influenza la visibilità locale, anche nelle ricerche generiche. Poi c’è l’algoritmo di Google Notizie, che utilizza logiche come l’attualità e l’affidabilità delle fonti. Poi ancora, gli algoritmi di Google Discover e Google Immagini, e quello di Google Scholar, che valuta l’importanza di un testo accademico in base alle citazioni ricevute. 

Come padroneggiare l’algoritmo di Google nel 2025 

Si è inteso che l’algoritmo di Google è fortemente volatile; per stare al passo serve un aggiornamento quasi quotidiano. Tra i frequentissimi cambiamenti, però, c’è una cosa che il motore di ricerca ama sempre (AI o non AI), ossia i contenuti di valore. In altre parole, a Google piace chi sa di cosa sta parlando e lo espone in modo originale, cristallino e supportato da fonti autorevoli. Le operazioni di SEO derivano a cascata da questa premessa. Ben vengano quindi titoli e meta descrizioni chiare, una buona user experience e collegamenti di spessore. La nuova sfida consiste nel conciliare questo approccio con uno che strizza l’occhio alle AI Overview, ad esempio predisponendo liste, paragrafi tematici ed evidenza di fonti primarie. È uno scenario in progress, che soltanto l’intervento di un occhio esperto può aiutare a padroneggiare giorno dopo giorno.  


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