C’è un motivo molto semplice se la creator economy cresce ogni giorno di più: sta diventando il sistema di guadagno più stimolante in circolazione. Addirittura, possiamo tranquillamente affermare che l’attività degli influencer sui social media sta riscrivendo le regole del mondo del lavoro. Quale che sia il settore, infatti, un creator può fare della condivisione delle proprie passioni l’unica fonte di sostentamento. Nello specifico, può arrivare a guadagnare come un impiegato, senza i vincoli che può avere un lavoro da impiegato. Per non parlare di quelli che davvero sfondano, totalizzando cifre da capogiro. Una prospettiva allettante, ma per nulla facile da realizzare.
Abbiamo messo la nostra esperienza con le piattaforme al servizio di DATAROOM del Corriere della Sera, per esplorare il sistema più nel dettaglio. Ecco da dove è partita la nostra analisi.
Le principali fonti di guadagno
La creator economy si basa su tre fonti di guadagno:
- l’aiuto delle piattaforme stesse, che predispongono programmi specifici per i creator, spesso basati sulla distribuzione della pubblicità;
- il sostegno dei follower, invitati a fornire contributi in cambio della fruizione di contenuti. Può trattarsi di un pagamento fisso, nel caso in cui gli utenti si abbonino al canale. Oppure di un contributo una tantum, per inviare regali o per far risaltare i propri commenti durante le dirette;
- le partnership con i brand, dove l’influencer sponsorizza prodotti e servizi.
Le forme di distribuzione del denaro all’interno della piattaforma e le modalità di monetizzazione basate sui follower cambiano da canale a canale. La collaborazione con i brand, invece, verte su un mercato che, pur regolato dalle stesse dinamiche illustrate al punto 2, si differenzia dal punto di vista dei costi delle aziende. Da questi, infatti, dipendono i compensi dei creator.
Come si misura la temperatura della creator economy
Da tempo DeRev monitora l’evoluzione del fenomeno della creator economy, aggiornando di anno in anno le proprie valutazioni. Tutto ruota intorno agli insight di web e social media, vale a dire i dati quantitativi e qualitativi sugli account e i loro pubblici. Grazie alla combinazione di competenze specialistiche e di un’accurata selezione di tool, siamo in grado di ottenere informazioni sul posizionamento dei creator. Attiviamo un digital listening costante, ossia teniamo monitorati gli argomenti di discussione, i trend e gli eventi di maggiore rilevanza online. Tracciamo poi le abitudini degli utenti e le modalità di coinvolgimento da loro preferite, che variano nel tempo. Controlliamo, infine, le recensioni e le menzioni sui diversi media che popolano il web, per scoprire in tempo reale le menzioni agli influencer più seguiti. Tutto ciò ci consente di produrre un’analisi efficace della comunicazione social dei creator.
Di cosa parliamo (oggi) quando parliamo di creator economy
C’era una volta l’influencer marketing
C’era una volta e in realtà c’è ancora, perché l’influencer marketing è ciò su cui si fonda la creator economy. Ma se il primo termine indica semplicemente una strategia di promozione, il secondo riconosce un vero e proprio modello economico, che sta plasmando la società e da essa è a sua volta plasmato. È opportuno, comunque, specificare che l’influencer marketing si è molto evoluto da quando è nato. Alla base c’è sempre lo sfruttamento di personaggi capaci di generare un impatto sul pubblico social. La differenza è che inizialmente l’influencer non aveva abilità o conoscenze specifiche, e condizionava le scelte degli utenti su pressoché qualsiasi terreno grazie alla sua notorietà. Oggi, invece, si preferisce chiamare “creator” l’influencer, perché è più probabile che si tratti di un professionista, o comunque una figura legata a un’area di competenza. Ecco perché nascono community più solide, e i brand hanno maggiori strumenti per individuare il perfetto collaboratore.
Come si diventa creator?
Come menzionato, perseguire la professione del creator è meno facile di quello che sembra. Esattamente come per altre attività, è essenziale una strategia di pianificazione, la quale richiede consapevolezza e tenacia. L’esordiente deve mettere in conto un primo (lungo) periodo di “magra”, da dedicare alla messa in pratica di tutti gli step necessari a posizionarsi. Il primo sarà la costruzione del personal branding, il biglietto da visita con cui ci si presenta al pubblico. Da qui deriva la selezione dei canali e degli strumenti di comunicazione, su cui realizzare una prima bozza di piano editoriale. Una fase più avanzata del personal branding consiste poi nell’individuazione di elementi caratterizzanti la propria comunicazione, utili a farsi ricordare. A ciò si associa il monitoraggio costante dei trend digitali e degli strumenti offerti dalle piattaforme in tema di creator economy. Da non sottovalutare, infine, il supporto dell’advertising e delle partnership con altri influencer.
Modalità di collaborazione tra brand e creator
Si accennava al fatto che la collaborazione con i brand merita un discorso a parte tra le fonti di guadagno per i creator. La partnership può assumere numerose forme diverse, a seconda delle risorse aziendali e delle dimensioni dell’influencer. La più semplice è quella che vede il brand inviare un prodotto gratis al personaggio, chiedendogli di promuoverlo. In altri casi, l’influencer riceve anche sconti o coupon, o un guadagno in percentuale sugli acquisti effettuati dai propri follower. A salire, troviamo forme di collaborazione più strutturate, dai singoli prodotti di branded content alle campagne sul lungo periodo, dalla partecipazione a eventi all’organizzazione di contest. La creator economy prevede anche il coinvolgimento del personaggio come testimonial, ossia un’associazione duratura tra lui e il brand, senza promozione esplicita. Su questo terreno dominano gli influencer “vecchio stampo”, quelli capaci di spostare masse solamente mettendoci la faccia.
I compensi degli influencer in Italia
La creator economy cresce, ma non ovunque e non allo stesso modo: è quanto emerge dal nostro listino 2023 dei compensi degli influencer. Allo stato attuale, le piattaforme preferite dai creator sono Instagram e YouTube. Su Instagram la crescita maggiore dei compensi è per i mid-tier influencer, che hanno fino a 300mila follower e prendono tra gli 850 e i 4mila euro a post. YouTube è invece il mezzo dove girano i compensi più alti (fino a 80mila euro per chi ha oltre 1 milione di follower), ma quest’anno ha registrato la sua prima battuta d’arresto. Diversamente, su TikTok crescono i compensi di chi ha tra 300mila e 1 milione di follower e calano quelli dei più piccoli. Spicca poi il crollo progressivo di Facebook, sempre meno frequentato dal cosiddetto “pubblico pagante” (e, di conseguenza, dagli influencer).
Interpretare la creator economy
La creator economy è un sistema in progress, destinato a incidere con sempre maggiore intensità sul nostro rapporto con i consumi e con il lavoro. Il lavoro di DeRev quale azienda specializzata in strategia di comunicazione e marketing sui social è (anche) quello di continuare a monitorare e sviscerare il fenomeno. È ciò che d’altronde facciamo ogni giorno, nel lavoro di consulenza e gestione della comunicazione digital per i nostri clienti.