Ogni volta che apriamo Facebook ci troviamo a navigare e a scorrere tra decine di foto, link, video o semplici condivisioni. Questa marea di post è ciò che in gergo tecnico si definisce newsfeed, ossia il flusso in cui si raggruppano tutti i contenuti pubblicati dalle persone, dalle pagine e dai gruppi che seguiamo.
Indicativamente viene mostrato solo ciò che è interessante e rilevante per noi, ossia ciò che cattura la nostra attenzione, ma dietro al funzionamento dell’algoritmo di Facebook c’è un meccanismo complesso che vale la pena indagare, soprattutto per i creatori di contenuti che ogni giorno cercano di posizionarsi sul social network.
Come funziona il Newsfeed
Per raggiungere il pubblico che ci interessa e fare in modo che i nostri post abbiano una buona visibilità, è essenziale capire quali sono le regole su cui si basa il funzionamento della selezione di notizie che viene mostrata nel newsfeed. I parametri che l’algoritmo di Facebook tiene in considerazione sono tanti e diversi tra loro, tutti interconnessi e in continua mutazione. Ecco i principali:
- Available inventory, ossia inventario disponibile: ogni volta che accediamo alla piattaforma, Facebook tiene conto dell’insieme di tutti i nuovi post che sono stati pubblicati su Facebook da amici, parenti, pagine e gruppi che seguiamo e di cui siamo membri.
- Signal: dopo aver fatto l’inventario, l’algoritmo passa in rassegna i segnali, ossia le altre informazioni sui post: chi lo ha pubblicato? Quando? Chi lo ha commentato? Sono tutti dati che permettono di capire che rilevanza può avere quel contenuto per chi lo leggerà.
- Prediction, ovvero previsioni fatte sulla base dei segnali: per ogni persona che accede a Facebook viene calcolato il livello di interesse che verosimilmente avrà per un determinato contenuto in base ai suoi precedenti comportamenti.
- Relevance Score: composto da tutte le previsioni, rappresenta un punteggio assegnato al contenuto in base al grado di rilevanza che ha per un determinata persona. I contenuti con il relevance score più alto saranno posti all’inizio del newsfeed e ci incapperemo non appena faremo l’accesso.
Ecco spiegato perché ci capita spesso di vedere i contenuti delle persone o delle pagine con cui interagiamo di più e verso cui abbiamo dimostrato interesse, mentre gli altri sembrano quasi sparire magicamente dal nostro orizzonte. Questi fattori, tuttavia, sono continuamente oggetto di cambiamenti al fine di offrire agli utenti un’esperienza sempre più a loro misura, ma spesso possono avere un livello di filtraggio molto alto, che difficilmente farà passare nel newsfeed i contenuti creati da persone o brand con cui non ha scambi o interazioni frequenti.
I Signals per connettere le persone
Facebook è nato con lo scopo di avvicinare le persone e costruire relazioni, per questo nel 2018 la piattaforma ha preso la decisione di dare priorità ai contenuti provenienti da amici o parenti. Foto o post che ci coinvolgono, verso cui proviamo interesse, generano maggiori conversazioni e sono più apprezzate dagli utenti rispetto ai contenuti dei brand e per questo vengono considerate prioritarie dall’algoritmo di Facebook.
I signals principali, dunque, sono i commenti che lasciano gli utenti, le loro condivisioni e le loro reactions. Negli ultimi tempi, tuttavia, Facebook ha deciso di aggiungere altri signals da prendere in considerazione nella selezione delle notizie da mostrare nel newsfeed, e questi hanno a che fare con gli interessi delle persone, con ciò che vorrebbero leggere o vedere quando accedono alla piattaforma. In questo modo si misura anche il grado di coinvolgimento: per esempio vedere un video fino all’ultimo sarà considerato un segnale più forte rispetto al semplice leggere il titolo o guardare solo i primi secondi e poi passare oltre.
I Signals per ridurre la diffusione dei contenuti problematici
Oltre a preoccuparsi di ciò che interessa gli utenti, da diverso tempo ormai Facebook è impegnato nella riduzione della diffusione di contenuti che siano in qualche modo problematici. Le azioni intraprese in quest’ottica sono diverse:
- Ridurre le fake news: la rilevazione dei signals di cui abbiamo parlato fino ad ora, unitamente all’azione dei fact-checking dei partners, ha lo scopo di identificare i contenuti che veicolano informazioni sbagliate o fuorvianti per bloccarne la diffusione. Il fact-checking agisce a più livelli, partendo dal rintracciare le fonti originarie della notizia e passando per analisi approfondite del contenuto, arriva a dare un rating di attendibilità che serve per poter intraprendere delle azioni che abbiano lo scopo di limitare la visibilità della notizia.
- Limitare il click gap: si tratta della ricerca di domini che registrano un numero sproporzionato di click provenienti da Facebook rispetto a quelli che ricevono dal resto del web. Ciò può significare che si tratta di siti che producono contenuti di bassa qualità e, quindi, da mettere in secondo piano rispetto ad altri.
- Combattere il clickbait, ossia la pratica adottata da alcuni produttori di contenuti di pubblicare link con titoli acchiappaclick, sensazionalistici, che attirano l’attenzione ma non ripagano l’utente con contenuti davvero interessanti e di qualità.
- L’engagement bait, invece, è parallelo alla pratica del clickbait, si riferisce alla pubblicazione di post che chiedono agli utenti di mettere like o reactions, commentare o condividere al solo scopo di aumentare la diffusione del contenuto. Questo genere di azioni è fortemente disincentivato dall’algoritmo di Facebook che tende a ridurre la visibilità di questo genere di post.
- Frenare i contenuti sensazionalistici sulla salute: specialmente in questi ultimi mesi, l’attenzione per questo genere di pratica scorretta si è alzata notevolmente, per cui Facebook limita la diffusione di notizie false o che mirano all’allarmismo in ambito sanitario.
- Sfavorire le esperienze web di bassa qualità: basandosi sul fatto che le persone si infastidiscono quando cliccano su un link che le riporta a un sito fatto male o a una pagina che non permette di leggere il contenuto perché coperta di annunci pubblicitari, Facebook ha iniziato a rilevare anche questo segnale, così da ridurre la diffusione di contenuti provenienti da queste piattaforme.
- Circoscrivere le azioni ingannevoli: può capitare che chi pubblica un contenuto dichiari che, cliccando, si atterra su una determinata piattaforma mentre, al contrario, si arriva in una pagina diversa. Per questo viene impedito alle pagine che non sono di “publisher” di modificare titolo o immagine del link.
- Non diffondere contenuti poco originali: avere dei post simili che compaiono in rapida sequenza nel newsfeed può scoraggiare l’utente, ecco perché l’algoritmo di Facebook dà priorità a contenuti originali e che portino valore aggiunto.
I Signals per i produttori di news
Secondo il GlobalWeb Index la ricerca di notizie è la motivazione principale per cui il 39% delle persone accede a un social media. Cosciente di questo interesse, già dal 2018 Facebook ha iniziato a introdurre il tracking di specifici signals relativi alla pubblicazione di notizie. Principalmente questi segnali solo rilevati in base a ciò che le persone trovano di valore per quanto riguarda il mondo dell’informazione. In base alle ricerche effettuate le persone cercano sempre di più articoli che siano informativi, autorevoli e affidabili.
I newsmaker presenti su Facebook sono identificati in base a due metodologie principali:
- un indirizzo web della pagina che sia ben identificabile e non violi il regolamento della piattaforma;
- uso del machine learning per comprendere se un contenuto pubblicato su Facebook sia una notizia o meno.
Una volta verificati questi due fattori, l’algoritmo di Facebook dà priorità nel newsfeed a tre diverse categorie di notizie:
- I report e le analisi: molti utenti ricercano approfondimenti originali e autentici, che li aiutino a comprendere le notizie;
- Contenuti informativi, che diano aggiornamenti seri e informazioni di prima mano;
- Informazione locale: quella con cui le persone si sentono maggiormente coinvolte e che stimola di più la loro curiosità.
Facebook per giornalisti e produttori di contenuti
Facebook offre diversi strumenti ai produttori di contenuti per veicolare traffico sul loro sito, sia gratuitamente che a pagamento. Tra questi, Facebook News è lo strumento creato appositamente da Facebook per coloro che producono contenuti di tipo informativo. Al di fuori di questo ambiente dedicato, ci sono due modi in cui i giornali e i giornalisti possono vedere i loro contenuti diffusi su Facebook:
- attraverso i link condivisi dagli utenti;
- attraverso i link condivisi sulle loro pagine: tecnicamente questo si chiama traffico referral, e include tutti i click che gli utenti di Facebook fanno sui link che appaiono nel loro newsfeed e che li portano sul sito web del giornale o del magazine in questione.
Entrambe queste opzioni sono gratuite: Facebook offre diverse opportunità alle piattaforme di informazione per accrescere il proprio traffico e il proprio pubblico senza chiedere in cambio denaro. Ma gli strumenti che un produttore di contenuti può utilizzare su Facebook sono molti di più e possono essere integrati in strategie articolate e studiate sulla base dell’audience di riferimento:
- Instant articles: uno strumento che permette ai contenuti di caricarsi prima e aprirsi con più facilità, così che gli utenti possano vedere più contenuti in una stessa sessione. La diffusione dei contenuti pubblicati con instant articles è significativamente aumentata rispetto a quelli pubblicati nel web tradizionale, questo garantisce agli editori un aumento delle visualizzazioni sui loro articoli e permette loro di monetizzare direttamente, perché possono vendere spazi pubblicitari proprietari anche su instant articles.
- Sottoscrizioni: gli strumenti di marketing di Facebook sono un metodo eccezionale per ottenere iscrizioni e abbonamenti per gli editori. Gli utenti possono diventare dei sottoscrittori semplicemente cliccando ed essendo rimandati a un paywall. Alimentare il traffico organico può aiutare a ottenere lead qualificati che possono convertire in un secondo momento tramite email marketing o strumenti simili: anche in questo caso, gli editori beneficiano del 100% degli introiti tramite paywall, senza nessuna trattenuta da Facebook.
- Facebook video e in-stream ads: pubblicare un video direttamente su Facebook, invece di condividere un link proveniente da un’altra piattaforma, l’editore può vendere spazi pubblicitari all’interno del video stesso.
- Branded content: i brand possono sponsorizzare contenuti prodotti da editori e news magazine. In questo modo gli editori possono vendere direttamente la propria abilità di produrre grandi storie e monetizzarla.
- Facebook Ads: per gli editori l’advertisement su Facebook può essere un valido aiuto per raggiungere un maggior numero di utenti e vendere sottoscrizioni, offerte, merchandise, biglietti per eventi e qualsiasi altro prodotto.
- Facebook Audience Network: si tratta di un circuito che permette di raggiungere un ampio network di persone e monetizzare creando esperienze ingaggianti direttamente nella propria app mobile o sul sito web dell’editore o del magazine.
Come strutturare un piano editoriale di successo
Abbiamo visto tutto ciò che l’algoritmo di Facebook tiene in considerazione quando si tratta di selezionare i contenuti da mostrare alle persone, facendo in modo che si generi interesse e che si inneschi un meccanismo virtuoso di diffusione. A questo punto appare chiaro che per i publisher è necessario non solo concentrarsi sulla qualità delle loro proposte, ma anche tenere d’occhio questi parametri per studiare strategie che permettano di raggiungere il maggior numero possibile di utenti.
Proprio per questo, a DeRev studiamo e analizziamo continuamente gli algoritmi, la loro evoluzione e le modalità di funzionamento di tutte le piattaforme social – qui il nostro articolo dedicato a LinkedIn – per affiancare i nostri clienti nella realizzazione di strategie e piani editoriali efficaci per brand, istituzioni e soggetti pubblici.