L’engagement sui social media è una cosa seria. Chiunque si trovi ad utilizzare le piattaforme per una comunicazione professionale orientata ad un obiettivo, sa quanto sia importante portare a casa interazioni. Da una parte, ci danno la misura di quanto sia efficace quello che stiamo producendo, dall’altro sono la cartina tornasole della strategia che abbiamo messo in atto. Dietro all’engagement c’è la capacità di un profilo di animare e fidelizzare una community. Proprio perché l’engagement rappresenta un indicatore di gradimento di un contenuto e di partecipazione degli utenti, rappresenta uno dei parametri più importanti negli algoritmi che regolano tutte le piattaforme social: se l’engagement è alto, la piattaforma mostrerà dunque quel post a molte più persone. Una volta era calibrato sulla massima interazione possibile: i commenti. Oggi si ottiene in modo del tutto diverso, anche grazie all’implementazione di nuove feature da parte di tutte le piattaforme.
Engagement statistico e dinamico
L’Engagement Rate (ER) è definito come il numero medio di interazioni sui post di un profilo in rapporto al numero di follower. È un indicatore statistico che mostra in che modo un account riesce a coinvolgere i propri utenti nell’interagire con i contenuti. Si calcola dividendo le interazioni per il numero di follower così da ottenere un dato indipendente dalla dimensione della fanbase che consente di comparare i profili. Viceversa, il concetto di engagement dinamico, quello che assomma il grado di attrattività di un profilo, è un’espressione complessiva dei risultati che si riescono a raggiungere nella risposta degli utenti attraverso tutte le leve disponibili sulla piattaforma. Alcune funzionalità, infatti, sono precipuamente orientate ad aumentare l’engagement rate, altre ad acquisire nuovi follower, altre ancora a potenziare il posizionamento attraverso strategie di amplificazione. Tutto questo fa engagement e, in definitiva, il successo di una strategia di comunicazione orientata a far crescere la propria community.
Strumenti e strategie per l’engagement sui social media
Come detto, tutte le piattaforme investono continuamente su nuovi formati, feature e strumenti per consentire a creator e brand di realizzare contenuti sempre più coinvolgenti per il proprio pubblico. Questo arsenale non solo cresce, ma si affina. Così tanto da rendere necessario un aggiornamento continuo da parte di chi utilizza i social media per fini di vendita, posizionamento o professionali. In questo scenario, la oramai vecchissima tendenza a pubblicare tanto per farlo, ad esserci tanto per esistere, non funziona più. Il mantra oggi è: se il tuo contenuto non fa engagement, meglio non pubblicare.
Facebook, puntate sui Gruppi
C’erano una volta i like e i commenti. Facebook ha invertito del tutto le proprie logiche interne: le pagine che erano i “luoghi” più importanti e maggiormente promossi, sono oggi vetrine penalizzate. L’algoritmo, infatti, li condanna a reach molto basse perché rileva il carattere meramente commerciale e autoreferenziale dei contenuti. Ne deriva che per realizzare un buon engagement su pagine e profili occorre inevitabilmente ricorrere alle Adv. D’altro canto, la stessa piattaforma ha trovato nei Gruppi la sua versione prediletta. In questo spazio si esperisce un tipo di interazione bidirezionale e molto più genuina ed è per questo che Facebook ha investito in tante nuove feature che ne incentivano l’uso. Rientrano tra queste le sottoscrizioni che a breve saranno anche a pagamento. L’idea è quella di rendere i contenuti esclusivi, realizzando una community in cui esserci è uno status symbol o la garanzia di fruire di risorse elitarie.
Le novità dei Gruppi Facebook
- Personalizzazione. Gli Amministratori potranno dotare il gruppo di un’identificazione grafica ben riconoscibile, scegliendo colori, sfondi e font dei post. È possibile personalizzare anche il messaggio di benvenuto e l’invio delle regole del gruppo ai nuovi arrivati.
- Sottogruppi. Quando il Gruppo si fa numeroso e attivo, un unico feed può apparire disordinato, rendendo l’esperienza poco gradevole. Per questo Facebook sta testando la possibilità di fruire dei contenuti per argomento.
- Mentorship. Di recente Facebook ha lanciato la funzione “Mentorship”. Tocca agli Amministratori avviare i programmi per aprire la possibilità di distribuzione dei ruoli (mentor e allievo), dai quali derivano occasioni di crescita personale.
- Chat di community. È uno strumento nativo che ricalca le potenziali delle app di messaggistica. Facilita il dialogo con con i membri del gruppo o una selezione di essi e permette di avviare conversazioni mirate o di ausilio alla gestione della community.
Su Instagram il concetto di engagement sui social media si trasforma completamente e passa sempre meno dal mero like ai post. Qui si cerca sempre di più di premiare i contenuti in grado di generare valore e stimolare la partecipazione attiva. L’algoritmo di Instagram è già stato riprogrammato per la promozione dei reel tra tutti i formati disponibili e ora hanno una funzione fortemente orientata all’engagement: il Reels Remix che permette agli utenti di affiancare i propri video con altri (i remixati). Un’occasione che, se colta, potrebbe far diventare virali i reel di un creator. Per tutti gli altri contenuti del feed, l’algoritmo, dà rilevanza al salvataggio di un post e la possibilità di condividerlo nelle proprie storie. Ma è soprattutto sulle storie che Instagram punta a concentrare l’engagement. Il continuo rilascio di opzioni e feature (sotto forma di sticker) punta a trasformarle in uno strumento di coinvolgimento e partecipazione del pubblico.
Gli stickers per l’engagement
Tra gli stickers più utili a generare engagement, la menzione d’obbligo va ai sondaggi, quiz, domande, social shopping e il recentissimo “Add yours”. Ai primi tre siamo più abituati: si tratta di tutte quelle occasioni di interlocuzione con il pubblico che non si limita più a far scorrere contenuti ma si ferma e dice la sua. Con i sondaggi si indaga direttamente l’utente; con i quiz si può giocare con lui mentre farsi fare delle domande è un’ottimo modo per trasformare le storie in un’occasione di costruzione della community. Rispondere pubblicamente, infatti, rivela che siamo richiesti (awarness) e alimenta la curiosità di chi ci segue. Infine, il nuovo “Add yours” consente di avviare un qualsiasi tema o domanda al quale gli utenti possono replicare con i propri contenuti. Non c’è limite alla creatività per invitare i follower a questo scambio di esperienze, ma certo vale la pena rimanere centrati sui propri obiettivi di business e comunicazione.
TikTok
La parola chiave su TikTok è “challenge”. Il massimo di ingaggio che si possa ottenere sulla piattaforma di ByteDance è coinvolgere gli utenti in una sfida, portandoli a “copiare” le nostre azioni, doppiare il nostro audio o reinterpretare un nostro contenuto originale trasformandolo in un trend virale sulla piattaforma. Anche le funzioni Duetto e Remix, così come su Instagram, sono un’ottima leva per stimolare la platea all’interazione. In questo caso, vale sempre ricordarsi il carattere ludico della piattaforma, avendo cura di ideare challenge che siano soprattutto divertenti. Un’altra funzionalità in grande crescita su TikTok sono le Live, con cui gli utenti che hanno almeno 1.000 follower possono andare in diretta e interagire direttamente con il proprio pubblico. Molti le usano come passatempo, luogo di chiacchierate notturne, palcoscenico per cantare, suonare o fare giochi. Chi li segue, oltre a domande e commenti, può interagire inviando regali e oggetti virtuali.
Strumenti e strategie per l’engagement sulle app di messaggistica
I social media, che pure sono uno strumento d’oro per attrarre e fidelizzare clienti, non esauriscono le piazze a disposizione di brand, aziende e piccole-medie imprese. Le app di messaggistica sono un altro canale molto interessante per tenere vivo il rapporto con le proprie community.
I gruppi WhatsApp hanno avuto un grandissimo exploit durante la pandemia. In un periodo in cui appariva difficile connettersi, WhatsApp ha permesso agli utenti di avvicinarsi e per molte imprese è stata luogo di offerta di informazioni e servizi. Oltre al numero massimo di partecipanti ad un gruppo, si sconta la nuova limitazione alla condivisione dei messaggi, ideata dall’app per evitare la diffusione delle fake news. Tuttavia, il ricorso a whatsapp business resta un valido strumento per dialogare con la propria community. Attenzione però a qualche regola: WhatsApp è spesso vissuto come intrusivo e le eccessive notifiche possono causare un alto tasso di abbandono dei gruppi. Per questo, le informazioni inviate devono essere di qualità e i contenuti caratterizzati da brevità, chiarezza e giusta frequenza. WhatsApp è anche ottimo per il customer care, ma occorre essere disponibili e puntuali ogni volta che un utente richiede la nostra attenzione.
Telegram
A differenza di Whatsapp, Telegram è molto orientato a ospitare community di persone che si riuniscono in gruppi per confrontarsi o scambiarsi informazioni. È dotato di funzionalità molto più ampie e pochi limiti, ma anche di una migliore gestione di privacy e notifiche che rendono l’esperienza più fruibile e piacevole. La peculiarità di questa piattaforma è che consente di considerare i gruppi come liste di destinatari, rendendoli un’efficace alternativa alle newsletter. Si possono così aggirare i classici ostacoli dei filtri abilitati sulle caselle mail, manuali o automatici. La mancanza di limite al numero di potenziali partecipanti ad un gruppo rende lo strumento particolarmente appetibile e persino migliore di WhatsApp. I così detti canali, chat pubbliche con permalink a disposizione e raggiungibile da tutti, facilita la scoperta da parte di nuovi possibili utenti. Radunare le persone in chat di discussione è il miglior modo per generare un engagement attivo e persistente.
Quando l’engagement sui social media è da considerarsi raggiunto?
Abbiamo detto che non esiste davvero un contenuto se non è in grado di generare engagement sui social media. Ma quand’è che possiamo ritenerci soddisfatti dei nostri risultati? Ciascuna azienda, creator o brand dovrebbe partire da obiettivi propri, che siano effettivamente raggiungibili e misurabili. La chiave sta nella perseveranza, nella pazienza e nell’ascolto. Dobbiamo ascoltare cosa ci dicono gli utenti relativamente alle loro preferenze e, allo stesso tempo, sfruttare i formati preferiti dagli algoritmi. In definitiva, è un lavoro di strategia, ma anche di flessibilità e e predisposizione aggiornamento continuo sulle funzioni a disposizione. Ogni giorno in DeRev progettiamo nuove strategie per i brand che sono mirate a generare conversioni e, in molti casi, anche per community building e management. Sappiamo quanto sia importante creare un legame di fiducia e confronto con gli utenti in un rapporto stretto tra brand, creator, clienti e pubblico.