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Employer branding e brand ambassador, come coinvolgere i dipendenti
  • Strategia digitale

Employer branding e brand ambassador, come coinvolgere i dipendenti

  • 4 Agosto 2022
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Employer branding e brand ambassador sono termini che si riferiscono a due attività distinte, ma derivanti dallo stesso concetto. Tale concetto è riassumibile così: la reputazione di un’azienda passa anche dai suoi dipendenti. Ciò significa che ogni datore di lavoro, pianificando la comunicazione corporate, deve lavorare con lo stesso impegno su due fronti. Da una parte, l’ideazione di prodotti, servizi, iniziative per il pubblico. Dall’altra, il dialogo con le persone che lavorano all’interno dell’azienda. Un dialogo che, come dice la parola, dev’essere bilaterale, oltre che costante e coerente. Questo vale soprattutto in tempi di comunicazione online, dove le conversazioni corrono veloci dalle scrivanie ai feed dei social media. Basta poco perché anche la migliore comunicazione esterna venga smentita dalle parole di chi l’azienda la vive da dentro. Ecco perché vale la pena conoscere il peso e il ruolo di employer branding e del brand ambassador.

Le piattaforme

La comunicazione di un brand online opera idealmente su tutte le piattaforme di social media. Lo stesso vale per la parte che coinvolge employer branding e brand ambassador. Nella pianificazione, tuttavia, interviene anche l’area di azione dell’azienda. Il settore di appartenenza impone cioè una selezione, determinando l’orientamento verso un canale piuttosto che un altro. Ad esempio, una banca caratterizzata da un tono di voce formale e messaggi informativi privilegerà una piattaforma come LinkedIn. Una catena di pizzerie che punta al coinvolgimento con post emozionali si esprimerà con più efficacia su Facebook e Instagram.  

Employer branding

L’employer branding è l’insieme di azioni volte a formare la percezione di un’azienda come datore di lavoro. Nello specifico, si costruisce l’Employee Value Proposition (EVP), la somma complessiva di ciò che le persone vivono all’interno dell’azienda. Essa rappresenta un vero e proprio biglietto da visita per attirare professionisti validi. Inoltre, la soddisfazione dei dipendenti assume sempre maggiore rilevanza nella considerazione dei brand da parte del pubblico. I posti di lavoro ideali hanno persino la loro certificazione. Va da sé che l’EVP si forma innanzitutto presso i dipendenti dell’azienda, ed è poi da loro diffusa. Il primo obiettivo dell’attività di employer branding è dunque legare i dipendenti al marchio. Il secondo, vincolato a questo, è rafforzare la propria reputazione all’esterno. 

Come funziona l’employer branding

“Condivisione”, “team building” e “wellness” sono alcune parole chiave dell’employer branding. La forza lavoro deve cioè non soltanto conoscere i valori del marchio, ma anche sperimentarli in prima persona. Innanzitutto, c’è la comunicazione della cultura aziendale; poi, la sua messa in pratica, con l’offerta di benefit e attività collettive. I dipendenti devono percepirsi parte attiva di un progetto condiviso. A questo scopo, l’employer branding è spesso supportato da uno storytelling emozionale. In modo più o meno esplicito, l’azienda è associata alla casa, alla famiglia, a un porto sicuro. Iniziative come i progetti di team building diventano uno spunto per la comunicazione esterna, in linea con la strategia tradizionale. Lo stesso dipendente è motivato a raccontare queste esperienze sui social media, attivandone il passaparola.

Brand ambassador

Come si diceva, employer branding e brand ambassador sono concetti contigui. Un brand ambassador è una persona deputata a mettere in risalto un marchio e le competenze di chi ci lavora. Può trattarsi di un dipendente dell’azienda, ma anche di una figura esterna, vicina all’identità del brand. Si tratta di una particolare attività di marketing che avviene su web e social media, ma anche su canali più tradizionali. Simile all’influencer, il brand ambassador se ne differenzia perché tendenzialmente non è pagato per svolgere la comunicazione di brand. Il suo compenso è piuttosto rappresentato dall’esperienza aziendale stessa. I contenuti possono essere pensati ad hoc oppure prevedere la ricondivisione di attività offline, quali eventi corporate o interventi sulla stampa. L’importante è che ogni contenuto sia funzionale a trasmettere la vita lavorativa o le competenze dei dipendenti.

L’ambassador program di DeRev

L’elaborazione di strategie per il brand ambassador rientra tra i servizi che DeRev offre ai propri clienti. Più precisamente, con l’Ambassador program, pianifichiamo un’attività per brand ambassador su più livelli. Il più alto è rappresentato dal manager che su LinkedIn racconta con esempi concreti il posizionamento dell’azienda nel settore. È poi possibile prevedere una comunicazione a livello più diffuso, che coinvolga tutti i dipendenti nelle varie cariche. Questo è ciò che ad esempio abbiamo fatto per facilitare la comunicazione su LinkedIn, Telegram e Whatsapp da parte del management di prima linea e della rete di agenti di Sella Personal Credit.

  • Il kit del brand ambassador

La passione e la fiducia nella propria azienda sono essenziali per essere brand ambassador, ma da sole non bastano. Per essere efficaci con employer branding e brand ambassador program bisogna infatti conoscere almeno le regole base della comunicazione digital. È in questo frangente che si rivela utile l’intervento di esperti del settore. Innanzitutto, DeRev fornisce ai dipendenti dell’azienda cliente un kit per aiutarli a parlare del brand nel modo corretto. Dalla grafica al tono di voce, i profili privati dei professionisti sono uniformati, in coerenza con l’identità aziendale. In particolare, il dipendente apprende che sui propri canali non parlerà semplicemente a nome proprio, ma in rappresentanza della società.

  • Formazione digital

Alla formazione riguardante la comunicazione aziendale si aggiunge quella riguardante le piattaforme in generale. Non necessariamente, infatti, i professionisti che dovrebbero agire da brand ambassador hanno familiarità con i social media. È il caso allora di educarli sull’utilizzo dei canali; in particolare LinkedIn, quello più strettamente legato al mondo del lavoro. Non soltanto forniamo ai dipendenti le specifiche delle piattaforme, ma condividiamo con loro procedure da applicare in ipotetiche situazioni comuni. In tal modo, il professionista è messo nelle condizioni di valutare in autonomia quando e come condividere contenuti riferiti all’azienda. 

  • Aggiornamento costante

Il brand ambassador non è mai lasciato solo nella propria attività. DeRev ispira il suo operato inviando newsletter periodiche con spunti e suggerimenti di contenuto. Ad esempio, informazioni riguardanti il brand, notizie di settore, trend coerenti con la comunicazione aziendale. La consulenza abbraccia quindi non soltanto i contenuti del marchio, ma anche i post più personali del professionista. Tutto questo genera valore sia per il professionista che per l’azienda. Il primo vede aumentare la qualità della propria presenza social, la seconda ha un controllo più ampio sulla propria comunicazione.

Il valore di una consulenza esterna

Spesso un’azienda ha bisogno di un intervento esterno per accorgersi di stare trascurando un aspetto fondamentale della propria comunicazione. E non di rado tale aspetto è rappresentato proprio dal dialogo tra realtà interna e stakeholder. Un consulente specializzato è dunque fondamentale per la pianificazione di employer branding e brand ambassador program. Nel primo caso, l’interlocutore sarà il datore di lavoro o il team HR, che gestisce il rapporto con i lavoratori. Nel secondo caso, si tratterà del management o direttamente dei dipendenti. Per entrambe le attività, l’occhio esterno aiuta ad avere una visione più completa e oggettiva della realtà aziendale. Inoltre, la conoscenza delle dinamiche digital è essenziale per garantire la condivisione social dei propri punti di forza.


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Social che vanno, social che vengono, social che si fanno la guerra. E intanto LinkedIn, zitto zitto, il 5 marzo ha compiuto 20 anni. Ma “zitto zitto” neanche troppo: perché mai come oggi la piattaforma ha dimostrato di amare le parole. 19 0
Nome in codice: P92. Ma forse sarebbe più appropriato “Twitter 2.0”. 🐦⁠ 19 0
Per approfittare delle reali opportunità che ci offrono i social media abbiamo bisogno di una riflessione a monte, vale a dire di “costruire” la nostra identità digitale a tavolino. Che non significa mentire o trasferire un’immagine patinata e finta. Significa invece trovare il modo migliore ed efficace di raccontare se stessi, un progetto o un’azienda, cercando di fare in modo che l’idea che se ne fa un utente online sia esattamente quella che vorremmo si facesse. Siamo, quindi, a tutti gli effetti, nell’ambito di quello che chiama un “atto comunicativo”. ⁠ 11 0
Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare: ne sa qualcosa Neal Mohan, nuovo CEO di YouTube. 23 0
Crescono le discussioni su minorenni e social media, e TikTok tira i remi in barca. ⁠ 23 0
Uno sguardo allo specchio e uno al mondo attorno a sé: è su questo continuo rimbalzo di punti di osservazione che si costruisce la strategia digitale, il piano di azione che crea e gestisce la presenza online di un brand, di un'impresa, di un personaggio o di un'Istituzione.⁠ 8 0
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L’azienda di strategia digitale, comunicazione e marketing specializzata nella costruzione del posizionamento e della reputazione online, nel dialogo con le community sui social media e nella raccolta fondi tramite il crowdfunding.

Progettiamo e realizziamo soluzioni creative per affiancare grandi aziende, pubbliche amministrazioni, organizzazioni e personaggi pubblici nell’affrontare le loro sfide sul web, guidare i processi di innovazione e trasformazione digitale, lanciare nuovi trend topic ed essere protagonisti delle conversazioni sui social media, generando valore per sé e per i propri clienti.

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