Lo scorso 28 ottobre, il Senato bloccava con voto segreto l’iter di approvazione del disegno di legge contro l’omotransfobia, eppure il ddl Zan sui social media sembrava raccogliere molti più consensi. Portato al grande pubblico da Fedez e Chiara Ferragni, il tema si era affermato come un trend topic in almeno 4 circostanze in pochi mesi e il sentiment che sembrava generare era di stampo positivo. Con Factanza, il media digitale attivo su Instagram, abbiamo voluto vederci chiaro per capire davvero le misure dello scollamento tra il voto parlamentare e l’Italia comune che si esprime sui social network. Il risultato dell’analisi ha confermato le sensazioni che ne erano alla base. Ma la lettura dei dati ha mostrato anche un altro elemento fondamentale della logica social: l’azione della “bolla” come filtro parziale all’interpretazione della realtà; un meccanismo di chiusura sulle proprie opinioni, guidato dall’algoritmo.
Come abbiamo studiato il ddl Zan sui social media
La ricerca è stata condotta a partire dagli articoli delle testate giornalistiche pubblicati sul web e condivisi su Facebook e Twitter nel periodo compreso tra ottobre 2020 e ottobre 2021. Una successiva analisi quantitativa e qualitativa delle interazioni generate da questi articoli ha permesso di tracciare i confini dell’opinione pubblica espressa relativamente al ddl Zan sui social media. In particolare, sono stati rilevati 15.604 articoli web dedicati all’argomento, con 6.181 siti coinvolti nel dibattito online. La ricerca ha analizzato un ammontare complessivo di 1.630.700 interazioni. Tra i media che hanno più contribuito al dibattito ci sono: Open Online, Il Fatto quotidiano, gay.it, nicolaporro.it, corriere.it, provitaefamiglia.it, repubblica.it, Huffington Post e fanpage.it.
I risultati della ricerca
Stando all’analisi quantitativa, il fronte che si è espresso a favore del ddl sui social media è nettamente più ampio. Ben 1.300.900 interazioni, infatti, sono state catalogate come espressioni di opinione a sostegno del disegno di legge, contro le sole 329.800 che lo avversavano. Si tratta dell’80% di opinioni pro ddl Zan, contro appena il 20% di pareri in contrasto.
La parabola del dibattito
L’andamento del dibattito è stato particolarmente condizionato dall’intervento di Fedez e Chiara Ferragni. È stato lo stesso rapper a determinare l’avvio di una diffusione su ampia scala del tema con una diretta Instagram, lo scorso 4 aprile 2021, in cui ha ospitato il promotore della legge, Alessandro Zan. Successivamente, altri tre interventi dei Ferragnez hanno generato altrettanti picchi nelle conversazioni inerenti il ddl Zan sui social media. Il primo è stato l’intervento del rapper sul palco del 1 maggio, anticipato dalla diatriba con la Rai colpevole, secondo Fedez, di voler applicare censura al suo discorso. A seguire, il 6 luglio, Chiara Ferragni ha indirizzato via Instagram un “politici, fate schifo” a Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva, secondo l’imprenditrice, era colpevole del dietrofront del suo partito in Senato, dopo aver espresso voto favorevole alla Camera. Infine, una nuova diretta con Zan che Fedez ha organizzato il 7 luglio.
Perché l’opinione sul ddl Zan sui social media appare così diversa da quella politica?
Stando alla ricerca, il Senato della Repubblica avrebbe espresso un parere sul disegno di legge del tutto contrario alle indicazioni dei rappresentati. Non è del tutto falso. Un sondaggio Demos aveva messo in luce come la maggioranza dei cittadini italiani (62%, per la precisione) fosse favorevole al ddl Zan. Ma questa percentuale è inferiore al fronte del “pro” misurato sui social media. Questo perché il dibattito si è generato in maniera eclatante da interventi di due celebrities (Fedez e Ferragni) apertamente a sostegno del disegno di legge. Si sono quindi attivate le camere dell’eco: meccanismi dell’algoritmo che amplificano gli argomenti polarizzanti, favorendo la diffusione dell’opinione più è vicina a noi (bias di conferma). Questo genera una sottovalutazione del peso delle opinioni diverse dalla nostra.
La lettura di DeRev
Il CEO di DeRev, Roberto Esposito, ha spiegato l’importanza di padroneggiare le dinamiche dei social media per governarle. “I dati – ha fatto notare – sono sempre rivelatori e ci aiutano a comprendere quanto le nostre percezioni siano oggettivamente fondate. Al contrario, i social media costruiscono intorno a noi una bolla che, per stimolare l’engagement – alimenta le nostre convinzioni mostrandoci solo ciò che ci piace e nascondendo tutto quello che non condividiamo o non vogliamo sentirci dire. Alla fine ne esce falsata la nostra percezione, esattamente come è successo per il ddl Zan. Non si tratta di giusto o sbagliato, ma solo di essere sempre consapevoli delle dinamiche con cui funzionano gli algoritmi e le piattaforme, per usarle in modo strategico senza rischiare di rimanerne vittime”.